Torbole e tutto l’Alto Garda piangono oggi la scomparsa di Franco Bonomi, appassionato ricercatore di storia e archeologia, che si è spento all’età di 76 anni. Figura amatissima da chi ha avuto la fortuna di conoscerlo, Franco è stato per decenni un punto di riferimento per chiunque volesse comprendere le radici più profonde del territorio della Busa del Basso Sarca. Dalla scorsa estate era ospite della RSA “Molino di Dro”, a causa di problemi di salute che non gli permettevano più di vivere da solo. Anche in quei mesi, però, non aveva mai smesso di parlare con entusiasmo del “suo” Doss Penede, delle scoperte fatte, dei luoghi a lui più cari.
Cuoco e spazzino per mestiere, archeologo per passione, Franco Bonomi ha vissuto una vita intensa, guidata non da ambizioni accademiche ma da un istinto innato, quasi viscerale, per la storia e l’archeologia. Amava definirsi “un operaio con occhio”, rifiutando per modestia il titolo di archeologo: «Non chiamatemi così, sennò quelli veri si offendono», diceva sorridendo in un’intervista del 2012 al mensile La Busa, realizzata da Nello Morandi. Eppure, a ben vedere, quel suo sguardo capace di penetrare il paesaggio con la sensibilità di un uomo dell’età del bronzo, ha portato alla luce decine di siti preistorici e romani disseminati tra Arco, Riva, Nago, il monte Baone e, naturalmente, il Doss Penede.
Proprio in quest’area, grazie a una sua segnalazione, si è potuto iniziare a comprendere la reale importanza delle evidenze archeologiche che precedono di secoli il più noto castello. Il sindaco di Nago-Torbole, Gianni Morandi, ha voluto ricordarlo anche recentemente nella prefazione al volume dedicato agli scavi del Doss Penede, sottolineando come «solo di recente, grazie alla passione di Franco Bonomi, si è iniziato a porre attenzione sull’intero dosso come elemento cardine del patrimonio storico-culturale del paese».
Il professor Emanuele Vaccaro, archeologo dell’Università di Trento e autore del progetto scientifico sul Doss Penede, lo ha ringraziato pubblicamente: «Un grazie sincero va a Franco Bonomi, che con la sua travolgente passione ha segnalato per primo la presenza delle evidenze protostoriche e romane, comprendendone consistenza e importanza». Un riconoscimento che, insieme all’encomio della “Giurisdizione di Pènede”, ricevuto solo poche settimane fa, ha testimoniato l’affetto e la stima dell’intera comunità.
Franco non ha mai cercato titoli o premi. Gli bastava vedere una pietra in una posizione strana, una bolla di terra scura, per immaginare la presenza di un insediamento antico. Bastava quello, e un piatto di polenta e funghi dopo una camminata, o un bicchiere di vino con gli amici. Innamorato della sua terra e della sua gente, era anche un devoto tifoso della Juventus, con una passione speciale per Boniperti e Del Piero. E se qualcuno gli chiedeva della sua vita privata, rispondeva con ironia che per lui ci sarebbe voluta “una donna del neolitico”.
Era questo il mondo di Franco Bonomi: un mondo fatto di passione autentica, di gesti semplici e di sguardi profondi, capaci di cogliere nel paesaggio i segni dimenticati del passato. Ha lasciato un patrimonio prezioso di conoscenze, raccolte con cura, umiltà e dedizione. Non ha mai preteso nulla in cambio, se non il rispetto per ciò che scopriva. In trent’anni di attività, ha effettuato almeno sessanta segnalazioni agli uffici competenti, molte delle quali hanno dato vita a importanti interventi di tutela e valorizzazione.
Oggi, la comunità della Busa perde un custode della memoria soprannominato “Indiana Jones”, una voce discreta ma fondamentale per la cultura del territorio. Ma Franco Bonomi ci lascia anche una lezione potente: che l’amore per il proprio paese, unito a curiosità e dedizione, può cambiare il modo in cui guardiamo il mondo. E farci riscoprire, tra le pieghe della quotidianità, le radici profonde della nostra storia.
Grazie, Franco.
(foto archivio Fabio Galas)