Articolo pubblicato il: 10/08/2025 alle 12:00
La Busa - Quando i Rivani accolsero gli Ungheresi in fuga dai Russi
Posted By Redazione
Categoria: Amarcord, Notizie

Il 23 ottobre del 1956 in Ungheria scoppiò una rivolta popolare contro il regime filo-russo. La repressione fu drammatica: l’esercito sovietico invase Budapest. Ci furono migliaia di morti e feriti. Furono oltre 200mila gli Ungheresi che fuggirono verso l’Occidente, con ogni mezzo. Arrivarono flussi di disperati anche in Italia e Riva del Garda, come altre città, si mobilitò per garantire sostegno e accoglienza. Municipio e Chiesa operarono assieme. Sindaco era Arrigo Dal Lago, arciprete mons. Giuseppe Bartoli. Entrambi si misero a disposizione del Commissario del Governo per ospitare quanti più profughi possibile. Arrivarono schiere di disperati, operai, laureati e studenti universitari. L’arrivo dei profughi avvenne in piazza Tre Novembre. Una carovana di vecchi pullman e di camion, con persone stipate sul cassone, si fermò in mezzo alla piazza gremita. I Rivani offrirono ai profughi generi di conforto, vestiti e coperte. I rintocchi della Renga, la campana della torre civica, risuonarono, quella volta, lugubri.
Quella che chiedeva aiuto era un’umanità dolente, fatta di persone stravolte dai tragici eventi che avevano investito il loro Paese. Molti erano scappati con quello che avevano addosso, e nient’altro. Monsignor Bartoli non pensò di certo alla religione o alle idee politiche: era il prossimo che soffriva e che andava aiutato. Furono così oltre cento i profughi che trovarono ospitalità nella colonia “don Gino Lorenzi” di Locca, in Val di Concei, da lui realizzata un paio di anni prima. Altre diverse decine di persone trascorsero quel lungo periodo, prima di partire per l’Australia o il Canada, nei locali che vennero per loro reperiti in città non senza difficoltà.
Vennero organizzate iniziative di fratellanza e di sostegno: al campo dell’Oratorio si giocò una partita di basket tra il “G.S. Riva” di “Cianci” Amistadi, costituito da poco più di un anno, e una rappresentativa ungherese. La partita, dal valore fortemente simbolico, venne seguita da un folto pubblico e si raccolsero offerte per i profughi.
“Anni dopo, un giorno – raccontò lo storico sagrestano Lino Bortolotti – si presentò in canonica un uomo con la sua famiglia. L’ho riconosciuto e salutato con gioia: era Friz, uno dei profughi che, dopo essersi laureato in Ingegneria ed essersi fatto una famiglia in Canada, aveva voluto ritornare a Riva per ringraziare. L’umanità dei Rivani gli era rimasta nel cuore, così tornò poi ancora diverse volte. Come lui compirono quel pellegrinaggio della gratitudine diversi altri Ungheresi.
Riva, al di là delle resistenze di cittadini che temevano prospettive di vita ancora più grama dovendo dividere pene e mezzi di sussistenza, diede, in quella occasione, una lezione di civiltà. Va considerato che la situazione nella nostra zona era tutt’altro che florida. Aveva chiuso i battenti la cartiera “Peloso” di Varone e si era registrato il fallimento della Mariotti di Riva. Centinaia di persone vivevano senza lavoro e in condizioni di indigenza. Monsignor Bartoli aveva allestito una mensa popolare, aperta ai bisognosi e alle loro famiglie, con tavole per mangiare sistemate anche sulle scale della canonica. Ma non furono soltanto la Chiesa e il Municipio a mobilitarsi; tutta la comunità offrì in quella drammatica circostanza un esempio di forte e sentito altruismo. Fatti come questi sono una ricchezza che fa onore alla nostra città ed è un peccato che siano dimenticati.
Vittorio Colombo

 

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