Il Trentino ha, si può dire, da sempre un’attenzione particolare al suo ambiente, prova ne è il riconoscimento delle Dolomiti quale patrimonio dell’Umanità Unesco, ma anche del sito palafitticolo di Ledro e delle Alpi Ledrensi e Judicaria a Riserva della biosfera Mab. La nuova sfida è rappresentata dal monte Baldo, vero “orto botanico” a cielo aperto, straordinario scrigno di specie floreali e arboree, oggetto di una candidatura “mista”, sottolinea la sua valenza naturalistica ma anche l’attività umana svolta nel sito fin dal 1500. Anche di questo si parla a Trento nella due giorni apertasi oggi al palazzo della Provincia.
Natura e Cultura come due facce della stessa medaglia, dunque nel convengo di Trento con l’intervento del vicepresidente Tonina e del dirigente generale Fabio Scalet. Nella consapevolezza che l’attività umana, ovvero l’insieme di esperienze, saperi, buone pratiche svolte dall’uomo può aggiungere valore all’ambiente. È il caso dei muretti a secco, recente “scoperta” dell’Unesco, ed è il caso del monte Baldo, grande “schiena” delle prealpi, per il 58% in territorio Veneto e per il 42% in Trentino. Detto Hortus Europae (“Giardino d’Europa”) per la sua ricchezza floristica, di ambienti e di specie, il Baldo rappresenta un ecosistema che è rimasto isolato durante le glaciazioni quaternarie consentendo fenomeni di speciazione unici. Per questo motivo molte entità botaniche risultano endemiche e classificate con il nome baldense–baldensis. Nel suo orto botanico sono raccolte circa 500 specie, di cui la maggior parte esclusivamente locali e scoperte dai botanici nei secoli scorsi proprio su questa montagna. Oggetto dunque di attenzione fin dal 500 da parte di studiosi, all’epoca soprattutto speziali e farmacisti, il Baldo nei secoli è cambiato conservando però la sua identità ed integrità. Alla sua candidatura “mista” sono dedicati i lavori del pomeriggio di oggi, mentre domani si parlerà delle attività scientifiche svoltesi sulle sue pendici nel corso dei secoli.