“Meteorologicamente pronti e climaticamente intelligenti”: questo il titolo della giornata Mondiale della Meteorologia, che si celebra venerdì 23 marzo, dedicata quest’anno al tema dei rischi naturali ed a come i servizi meteorologici nazionali e locali si stanno preparando per affrontare il crescente pericolo di eventi meteo estremi provocati dai cambiamenti climatici e che rendendo le popolazioni sempre più esposte e vulnerabili.
Ma cosa sta succedendo al clima in Trentino?
Il clima sta rapidamente cambiando anche sulle Alpi e in Trentino. Le temperature nella nostra regione sono aumentate nell’ultimo secolo con un segnale che si è accentuato negli ultimi 30 anni specie in estate e primavera. Tra gli effetti più evidenti del riscaldamento in corso vi è senza dubbio la riduzione dei ghiacciai la cui estensione complessiva nel 2015 si è ridotta al 28% di quella presente nel massimo raggiunto attorno alla metà del diciannovesimo secolo.
I valori di precipitazione annua e stagionale non mostrano invece tendenze significative quanto piuttosto fasi di ciclicità e una maggiore variabilità negli ultimi 10-15 anni circa che vede alternare periodi piuttosto secchi ad altri molto piovosi.
Si osserva inoltre una tendenza all’aumento della quota del limite delle nevicate con un calo delle precipitazioni nevose nelle vallate inferiori. A Trento ad esempio sono diminuite sensibilmente negli ultimi 30 anni con una perdita di circa il 35% rispetto ai periodi precedenti, mentre in quota le nevicate non evidenziano un segnale di trend, in coerenza con l’andamento delle precipitazioni invernali in generale, ma mettono in evidenza una maggiore variabilità degli ultimi 10 anni circa con i due evidenti estremi osservati nella stagione 2013-’14 e 2008-’09 risultate le stagioni più nevose degli ultimi 35 anni circa.
Il clima Trentino nei prossimi decenni
Gli scenari climatici indicano per il Trentino una tendenza futura verso un continuo aumento delle temperature in tutte le stagioni. In particolare le estati si annunciano più calde e secche, mentre gli inverni saranno più piovoso ma meno freddi con conseguente aumento del limite delle nevicate. E’ probabile un aumento della frequenza ed intensità di eventi estremi di precipitazione, in particolare di carattere temporalesco, così come di ondate di calore estive.
Questi scenari potrebbero causare effetti significativi sulle aree montane come l’accelerazione della fusione dei ghiacciai; la riduzione del manto nevoso, più pronunciato a bassa quota; l’innalzamento del limite di fusione di suoli congelati permanentemente (permafrost) e anche un aumento del rischio che le aree glaciali diventino gradualmente più instabili e soggette a eventi quali crolli, frane e smottamenti. Sono poi previsti cambiamenti significativi del regime idrologico con conseguenze sia sulla futura disponibilità di risorse idriche, che porteranno a probabili maggiori eventi di scarsità idrica, sia sui rischi innescati da pericoli idrogeologici in particolare causati da precipitazioni intense locali e di carattere convettivo (“alluvioni lampo”).
L’impatto in futuro di eventi catastrofici di natura idrogeologica non dipenderà solo dai cambiamenti climatici ma anche da variazioni di fattori di vulnerabilità determinati dalle attività antropiche: ad esempio le azioni di protezione sui fiumi; i prelievi per uso idroelettrico; le modifiche nell’utilizzo del suolo per effetto dell’urbanizzazione, dell’agricoltura e dell’afforestazione o deforestazione.
Le azioni in futuro
La problematica delle conseguenze dei cambiamenti climatici e di una probabile maggiore incidenza degli eventi meteorologici estremi impone quindi nuove sfide. In futuro si rende infatti necessaria una più adeguata attenzione sia in termini di pianificazione territoriale, nella definizione e gestione del rischio idrogeologico, sia nell’adeguamento dei processi di allertamento e di comunicazione alla cittadinanza. Si tratta di una sfida che passa innanzitutto dal miglioramento continuo delle basi di conoscenza degli effetti dei cambiamenti climatici e in questo rivestirà un ruolo fondamentale l’attività di ricerca scientifica.
In futuro pertanto si renderà necessaria l’adozione di un approccio integrato tra la gestione del rischio di disastri (Disaster Risk Management), basato su un approccio temporale a corto termine, e la necessità di adattamento ai cambiamenti climatici, basato su un approccio temporale a lungo termine. Un approccio che potrebbe risultare più efficiente nell’uso delle risorse finanziarie, umane e ambientali finalizzate all’obiettivo di gestire in futuro i rischi naturali generati da eventi meteoclimatici estremi e che vedrà estremamente importante il supporto dei servizi meteorologici.