Correvano gli anni Sessanta, quando un giorno, alle 9 in punto, mi presento nella rivendita di giornali. Si trovava in via Santa Maria ed era un locale lungo e stretto che, nella parete ovest, chiudeva lo stabile del bar Maroni. Era l’agenzia di distribuzione che forniva di giornali e riviste le rivendite e le edicole di Riva. Ero andato per vedere se era arrivato il “Texone”, raccolta di fumetti a strisce. Sto controllando lo scaffale che mi sento battere una mano sulla spalla. “Dai, vieni” mi dice il titolare, un vispo vecchietto che, capelli bianchi, assomigliava tutto a Kit Karson. Io eseguo. “Avrà bisogno di una mano” penso. Mi consegna una bicicletta e mi fa segno di spingerla. Era una strana bici. Aveva due cestoni, uno davanti e uno dietro. Il mio accompagnatore mi cammina a fianco. Arriviamo così alla stazione delle corriere in via Magnolie. Andiamo nella parte nord, proprio dove ci sono i cessi. Lì ci sono mucchi di riviste che, legate con spago, erano state portate, come ogni mattina, da Rovereto con la Canobbio. La mia guida mi fa capire che devo caricare le riviste nei due cestelli. Eseguo. “Una buona azione” penso. Poi si parte. Io dovevo spingere la bici stracarica di “Oggi”, “Panorama”, “Epoca”, ed era proprio una gran fatica. Ma tant’è! Facciamo così il giro delle edicole rivane e io scarico giornali a pacchi. Gira che ti rigira, ci mettiamo un paio d’ore. Finalmente i cestoni sono vuoti. Appoggio la bici al muro di via Santa Maria. Il mio capo mi mette ad un tavolino. Mi dà un righello e mi insegna a tagliare, con uno strattone, le testate, cioè la fascia dei titoli dei quotidiani. “È per le rese – mi spiega – Il giornale va al macero e le strisce indicano l’invenduto”. Per un po’ strappo “testate” e faccio i mucchietti per titoli di giornale. Ad un certo punto mi dico: “Va bene tutto, ma poi chissà cosa mi farà fare?”. E allora alzo il righello al cielo e dico: “Io vado a casa!” E il capo: “Ma non è ancora ora”. A quel punto spunta dalla porta un ragazzotto, su per giù della mia età. Un sospetto fa drizzare la bianca chioma al capo, che mi dice: “Ma tu sei il Tal dei Tali dal Marocco?”. E io: “No, io sono il Tal dei Tali da Sant’Alessandro”. E lui: “Porco qui, porco là, piccolo delinquente, e porco su, porco giù!”. Branca il Tal dei Tali dal Marocco e gli consegna la bici con i cestoni. I due partono, in una tempesta elettrica, verso la stazione delle corriere. Per rifare il giro d’insegnamento.
E poi? Il figlio del capo mi dice: “Vieni domani?”. E io: “Domani ho un impegno: vado a fare il bagno al porto. Vengo tra tre giorni quando arriva Capitan Miki”. Mi dà, davvero un buon uomo, novanta lire, trenta per ogni ora di “lavoro”. Ci aggiungo trenta lire che mi aveva dato la nonna. Con 120 lire compro il “Texone”, maxi raccolta a strisce di Tex Willer. Mentre pedalo sulla salita del Radi penso ad un segno divino: niente avviene per caso, avrei fatto il giornalista! A casa il gatto mi aspettava, al solito, sulla catasta di legna. Saliamo di corsa le scale. Il piatto di pasta era già in tavola.
Vittorio Colombo