Articolo pubblicato il: 16/11/2025 alle 12:00
La Busa - Il “Lupo di lago” che recuperava la merce rubata dalle SS
Posted By Redazione
Categoria: Amarcord, Notizie

“Quel giorno del 1944 mio padre Angelo, dopo il turno sul battello della Navigarda, non tornò a casa. Noi familiari, radunati nella cucina della casa in via Disciplini a Riva, fummo colti da viva preoccupazione. Sapevamo che i militari tedeschi si erano accorti che una parte della merce, frutto di loro ruberie e caricata su battello a Desenzano, spariva prima dell’approdo a Riva. Responsabile primo del trasporto era il comandante del battello e del carico e, dunque, mio padre Angelo”.
Così inizia il racconto di quella vicenda Lino (Bortolo) Furioli, oggi 93 anni, e, dunque, 12 anni all’epoca dei fatti rievocati. Avevano ben ragione allora di essere allarmati i familiari, perché il capo famiglia Angelo, 43 anni in quel 1944, in quei precisi istanti si trovava agli arresti nella caserma delle SS naziste ai Giardini Verdi. Con lui c’era l’intero equipaggio. La posta in gioco era alta. I comandi nazisti avevano messo in piedi un sistema di ruberie. Con dei camion facevano arrivare la merce, rubata agli Italiani, al porto di Desenzano: mobili antichi, quadri, veicoli, moto e biciclette. Non era il caso di percorrere la Gardesana, perciò avevano pensato ad un sistema di trasporto via lago, da Desenzano al porto di Riva, da dove poi partivano dei camion con destinazione Germania. I Tedeschi a Desenzano caricavano la merce trafugata su chiatte che, legate una all’altra, venivano trainate in convoglio dal battello della Navigarda, che fungeva da rimorchiatore. I militari tedeschi seguivano le operazioni con i mitra spianati. Il comandante Furioli e i suoi uomini decisero di sabotare, per quanto possibile, il sistema. I viaggi avvenivano di notte per evitare che i caccia alleati potessero bombardarli. Nel buio assoluto, nel lago in posti stabiliti del tragitto del battello con il suo strascico, venivano sistemate delle piattaforme. I marinai italiani, elusa la sorveglianza, vi scaricavano quanto più merce possibile. Talvolta gettavano il carico nel lago, come avvenne con decine di biciclette assicurate a corde e galleggianti. Tutto questo durò fino a quando non venne scoperta la sparizione di una grande balla di tessuto che serviva per confezionare le divise delle SS. Era la conferma delle azioni di sabotaggio e scattarono gli arresti. Nella caserma ai Giardini Verdi le SS comunicarono a Furioli che era libero perché non sostituibile come comandante del battello. Per tutti gli altri c’era la deportazione in Germania. A quel punto il comandante Furioli, come testimoniarono in seguito i marinai, si fece avanti. “Se deportate in Germania i miei uomini – disse – io sarò con loro. Non li abbandonerò mai”. I nazisti si videro così costretti a riconsiderare la decisione. Il comandante era l’unica persona che sapeva condurre il battello di notte, senza strumenti, e i suoi marinai davano garanzie di esperienza. Da allora in poi sarebbero stati controllati duramente, ma erano salvi.
Angelo Furioli, dopo la guerra, continuò per anni a lavorare come comandante della Navigarda e andò in pensione nel 1961, premiato con la “Stella al merito” per i quarant’anni sui battelli della Compagnia, e i giornali gli dedicarono un articolo definendolo il “Lupo del Garda”.
“Era una persona umile. Non amava parlare della storia dell’azione di sabotaggio ai Tedeschi e tantomeno del suo atto di coraggio davanti alle SS – dice oggi il figlio Lino – In pensione amava andare a pesca con la barca che teneva nel canale della Rocca. Cessò di vivere nel 1991. Io, arrivato alla bella età di 93 anni, sono felice di ricordare con affetto e orgoglio mio padre Angelo, comandante e Lupo di lago”.
Vittorio Colombo

(Nella foto il comandante Angelo Furioli al timone e, nel riquadro, il figlio Lino (Bortolo), una immagine di questi giorni, mentre racconta la storia di suo padre)

 

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